Le RSA in piena emergenza infermieri, organici ridotti al lumicino negli ospedali, la figura dell’infermiere di famiglia da far decollare per una assistenza territoriale capillare, tutti ottimi motivi per puntare alla formazione di un numero maggiore di infermieri, ma non per il MIUR.
Sono infatti arrivati i numeri definitivi per quanto riguarda le immatricolazioni ai corsi di laurea delle professioni sanitarie in vista dell’esame fissato per il prossimo 14 settembre. Il Ministero dell’università ha pubblicato il decreto definitivo (n. 1068) che recepisce le indicazioni contenute nell’accordo raggiunto in Conferenza stato-regioni sul fabbisogno di posti per l’anno accademico 2021-2022 – “Definizione dei posti disponibili per le immatricolazioni ai corsi di laurea delle professioni sanitarie per i candidati Ue ed non Ue residenti in Italia” che recepisce le indicazioni contenute all’interno dell’accordo raggiunto con Conferenza Stato-Regioni relativamente al fabbisogno di posti per l’anno accademico 2021/2022”
Per gli infermieri il 26% dei posti in meno rispetto a quelli definiti dalla Conferenza stato-regioni.
Il Ministero dell’Università, non ha rispettato l’accordo preso in Conferenza Stato- Regioni, dove il fabbisogno indicato era per 23.719 posti per gli infermieri, mentre il Ministero ha deciso di definirne 17.394 (più 264 per infermieristica pediatrica). E’ vero che si registra un aumento di 1.417 posti, che però risulta molto limitato rispetto a quello che si sarebbe potuto registrare con l’accoglimento dei dati sul fabbisogno, che avrebbero portato a 7.500 posti in più in un anno.
In riferimento all’accordo Stato- Regioni, il Decreto giustfica una riduzione dei posti, sottolineando che – considerata “la peculiare caratteristica dei corsi di laurea delle professioni sanitarie che richiedono numerose esercitazioni pratiche in laboratorio ed il connesso tirocinio formativo presso strutture pubbliche o private accreditate, tale da rendere necessaria un’attenta e ponderata valutazione della programmazione dei posti messi a disposizione annualmente dagli atenei, in base alle complessive risorse disponibili, dopo l’approvazione dei rispettivi bilanci annuali”.
Un Paese cieco l’Italia, ricco di idee e povero nei fatti. Nemmeno la pandemia ha portato i decisori a guardare lontano, l’estremo bisogno di infermieri che si è tragicamente palesato non ci ha insegnato nulla, ed ancora una volta si è scelto di formarne meno, quindi averne sempre meno a disposizione, nel futuro prossimo, quando forse saremo ancora dentro questa o quale chissà altra pandemia, nonostante sia stato provato scientificamente, che meno infermieri voglia dire meno salute.
Fonte: Infermieristicamente.it